Giovanni Falcone: il simbolo del coraggio

Scritto da: Elena Bruschi

venerdì, 24 Maggio 2019


Giovanni  Falcone è stato un eccezionale e coraggioso magistrato, vittima della mafia insieme alla moglie Francesca Morvillo e ai tre uomini della scorta: Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. E’ stato una grande e preziosa personalità, con l’ amico Paolo Borsellino, nella lotta alla mafia in Italia e a livello internazionale.

Nasce il 18 maggio 1939 a Palermo nel quartiere della Kalsa, come Borsellino. Dopo una parentesi all’Accademia Navale, si iscrive, nel gennaio del 1958 all’ Università di Giurisprudenza e si laurea nel 1961 con 110 e lode. Nel 1964 vince  il concorso ed entra in Magistratura nel 1964. Un anno dopo, a soli 26 anni, è Pretore a Lentini. Dal 1966 al 1978 è sostituto procuratore a Trapani; poi torna a Palermo.

Dopo l’omicidio del giudice Cesare Terranova, nel 1979, accetta l’offerta di Rocco Chinnici e passa all’Ufficio Istruzione della sezione penale insieme a Borsellino. Il 1980 lo vede in prima linea nell’inchiesta contro Rosario Spatola, costruttore edile che doveva la sua fortuna al riciclaggio di denaro dato dal traffico di eroina dei clan  italo –americani. Falcone ha l’ intuizione che, per indagare sulle associazioni mafiose, è necessario ricostruire il percorso del denaro che accompagna i traffici. Seguendo i soldi, con la collaborazione delle banche di Palermo e provincia, comprende il quadro di Cosa Nostra, organizzazione criminale delle famiglie mafiose Spatola e Gambino.

Falcone si reca in America e discute di mafia con Victor Rocco, investigatore del distretto est. Con questi e altri collaboratori riesce a sgominare il traffico di eroina nelle pizzerie. Dall’ 83 sono molte le condanne alle famiglie mafiose palermitane grazie alla collaborazione investigativa di New York. Intanto la famiglia dei Corleonesi  si fa strada a colpi di omicidi.

Muoiono Pio La Torre, artefice della legge che introduce il reato di associazione mafiosa, il generale Carlo Alberto della Chiesa e il magistrato Rocco Chinnici. L’anno successivo nasce il pool antimafia: Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Giuseppe di Lello e Leonardo Guarnotta, con Antonio Caponnetto (continua l’opera di Chinnici). Il pool si occupa dei processi di mafia ed epocale è l’ arresto del boss Tommaso Buscetta, che poi diventa  collaboratore di giustizia. Cosa Nostra comincia a fare terra bruciata attorno ai due magistrati uccidendo tutti i loro più stretti collaboratori.

Si giunge al primo maxiprocesso di Palermo che inizia il 10 febbraio1986 e si conclude il 16 dicembre 1987: 360 condanne e 2665 anni di carcere per tutti gli accusati. Caponetto  lascia il pool per ragioni di salute e Falcone è uno dei candidati con Antonino Meli. Il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) nomina Meli e questo rende Falcone un bersaglio più facile per la mafia, cosi come denuncia Borsellino.

Meli smantella il lavoro di Falcone e il pool viene sciolto nel 1988. Il 21giugno dell’ 89 Falcone subisce un attentato nella villa al mare, ad Addaura: cinquantotto candelotti di tritolo in mezzo agli scogli.

L’ attentato fallisce. Dopo una settimana il  CSM nomina Falcone procuratore aggiunto a Pisa. Inizia una stagione di veleni nella quale il magistrato  viene attaccato da politici quali Leoluca Orlando che lo accusano di nascondere dei documenti riguardanti i delitti eccellenti di mafia. Il magistrato continua a lavorare e il suo impegno è rivolto alla ricerca di Totò Riina, con l’aiuto del Capitano dell’ Arma dei Carabinieri Angelo Iannone. Scoprono, così collisioni tra mafia e politica e il terreno scotta per il magistrato! E’ sempre più solo e criticato anche perché accetta di dirigere la sezione Affari Penali del Ministero con la nomina di Claudio Castelli, socialista e ministro di Grazia e Giustizia. Nell’intervista concessa a Marcelle Padovani, giornalista francese, Falcone afferma”… In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”. Falcone viene assassinato il 23 maggio del 1992 a Capaci. Con lui muore un grande uomo e un grande magistrato che non si fece mai vincere dalla paura, ricercando continuamente la verità!

Da sinistra a destra: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro