Miti e leggende: L’isola del male

Scritto da: Sara Birgaoanu

mercoledì, 5 Febbraio 2020


Nei giorni di luna calante, la luce bianca proveniente dal cielo rischiara con debolezza le placide acque scure del Pacifico. Sull’acqua increspata si nota in lontananza il riflesso di una piccola isola; circondata da enormi alberi in continuo movimento, non produce un singolo sussulto, immersa in un inquietante silenzio sovrumano. Impossibile da avvistare a occhio nudo ma, da sempre presente in quella piccola porzione di oceano, l’isola non sembrava toccata dal tempo.

Un imponente struttura cerea in mattoni si stagliava nel perfetto centro dell’immenso bosco che, le donava quasi un aria selvaggia; dal suo interno non vi era parvenza di vita. Oltre le grosse colonne pacchiana-mente scolpite, un grosso portone in legno scuro sbarrava l’ingresso, sopra ad esso vi erano scolpiti nella pietra pochi caratteri in latino. ” L’inferno rimasto sulla terra “L’imponente portone perennemente sigillato custodiva al suo interno un comune hotel.

Il pavimento dell’ingresso sembrava appena incerato e, come un macabro specchio, rifletteva i numerosi quadri appesi alla carta da parati rossa. Di fianco ad ogni lampada, un piccolo quadro era posizionato con cura maniacale. Dietro all’enorme bancone della reception vuoto, su un enorme panello in sughero vi erano appese numerose chiavi dal aspetto bizzarro, accanto ad esse un piccolo orologio segnava costantemente le tre. Il piano terra dell’hotel era formato esclusivamente dall’enorme e perfetta reception e dalla larga scala in marmo che conduceva al piano superiore.

Gli alloggi, tutti situati sullo stesso piano, sembravano totalmente fuori contesto a confronto con l’aspetto del resto dell’hotel; ogni stanza era sigillata da una porta differente su cui, era appeso un pesante numero in oro. La carta da parati era strappata in numerosi punti e la muffa sotto di essa rilasciava uno sgradevole odore, il pavimento sembrava un accozzaglia di diversi scarti di legno, tutti differenti e in egual modo rovinati. Le mura stesse del piano sembravano malate, quasi vive ma prive di forza. Proseguendo lungo l’infinito corridoio il pavimento scricchiolava rumorosamente, quasi in protesta contro l’infernale baccano che proveniva dalle stanze. A fine corridoio, solitaria a differenza delle altre, vi era una spessa porta scura contrassegnata dal numero uno, affianco ad essa un piedistallo, tipico dei musei, riportava in bella mostra una tavoletta d’argilla scolpita.

Il testo scritto in lingua antica recitava tali parole: ” Lontani state, miserabili creature della notte, figli degli inferi, reietti del paradiso. L’umano vi ha creato, terrorizzato dal’ignoto; voi ve ne siete approfittatati e come bambini siete apparsi in fila indiana. Avete terrorizzato gli abitanti di questo mondo, e tuttora lo fate. Io, qui vi intrappolo per sempre, voi demoni che già esistete ed i prossimi, vostri fratelli e sorelle, che verranno. Lontani dagli umani, restate imprigionati in queste stanze, miserabili miti e crudeli leggende “