La scienza dei messaggi in codice

Scritto da: Elisa Ferrari

mercoledì, 12 Gennaio 2022


Nel corso della vostra vita vi sarà capitato almeno una volta di scrivere o provare a decifrare un messaggio in codice, magari per inviare un messaggio riservato a qualcuno, magari per passatempo o divertimento. Un esempio classico che è impossibile non aver mai incontrato è un anagramma (dal greco ἀνά (sopra) e γράμμα (lettera)). Un anagramma non è altro che la permutazione delle lettere che compongono una parola, o una frase, che dà origine a una nuova parola, o anche a frasi di senso compiuto.

Nel famoso libro di Dan Brown, “Il codice Da Vinci”, ma anche nell’omonimo film, sono presenti diversi esempi di anagrammi basati su frasi, e non semplici parole, uno dei quali è questo:

O, Draconian Devil!

Oh, lame saint!

Scambiando l’ordine delle lettere, infatti, è possibile risalire al messaggio nascosto:

Leonardo Da Vinci

The Mona Lisa

Questo è solo un esempio di anagramma preso dalla letteratura, ma se ne possono trovare un’infinità, nelle riviste di enigmistica come nelle strutture architettoniche dei secoli scorsi. Può anche essere studiato dal punto di vista matematico, ad esempio ricorrendo al calcolo combinatorio per determinare il numero di possibili soluzioni.

Illustrazione di una “chiave” presente nell’opera “Absconditorum a constitutione mundi clavis” aggiunta in seguito da un editore, in quanto riteneva l’opera stessa troppo “difficile” da interpretare.

Gli anagrammi, del resto, sono solo uno dei metodi esistenti per occultare un messaggio. In particolare, esiste una disciplina che si occupa proprio delle scritture nascoste, ovvero la crittologia (dal greco κρυπτóς (nascosto) e λόγος (discorso)). Questa, a sua volta, può essere suddivisa nei due rami complementari:

  • La crittografia (dal greco κρυπτóς (nascosto) e γραφία (scrittura)), che si occupa dei metodi per rendere un messaggio incomprensibile a chi non è autorizzato a leggerlo (crittogramma). Generalmente, è necessaria una “chiave”, ovvero un informazione segreta, posseduta solo dagli interessati, indispensabile per decifrare un crittogramma; tuttavia, esistono alcune eccezioni, come nel caso della crittografia autoreferenziale.
  • La crittoanalisi (dal greco kryptós (nascosto) e αναλύειν (scomporre)), che studia i metodi per decifrare un messaggio in codice senza possedere la “chiave”.

Come si può notare, entrambe sono strettamente legate tra loro e lo sono sempre state. Difatti la crittologia è una disciplina tutt’altro che recente e in continua evoluzione, data l’evidente necessità delle persone di tenere alcune informazioni riservate. È così importante da essersi meritata un intero trattato di Leon Battista Alberti, il “De cifris”.

Per quanto riguarda la crittografia, alcuni dei cifrari più antichi sono il “codice di atbash”, cifrario utilizzato dagli Ebrei basato sulla sostituzione monoalfabetica (la prima lettera dell’alfabeto diventa l’ultima, la seconda penultima e così via. Ad esempio, “articolo” diventerebbe “zfdouini”), la “scitala”, usata dagli Spartani e basata sulla trasposizione, e il “cifrario di Cesare”, conosciuto anche come “cifrario a scorrimento”, utilizzato da Giulio Cesare e anche esso basato sulla sostituzione monoalfabetica.

Esempio di scitala spartana

Un altro esempio, relativamente più recente, è il “cifrario di Vigenère”, pubblicato nel XVI secolo da Blaise de Vigenère, il quale è un semplice cifrario polialfabetico che sfrutta un meccanismo analogo a quello del cifrario a scorrimento. Da questo, deriva il noto “cifrario di Vernam”, il primo, e attualmente unico, “cifrario perfetto”, in quanto la sua inviolabilità è stata provata con una dimostrazione matematica nel 1949.

Oggi si sente spesso parlare di crittografia quantistica, la quale applica specifiche proprietà della meccanica quantistica alla crittografia, in modo da conferire al messaggio in codice un elevatissimo livello di sicurezza. Attualmente, la crittografia quantistica è un’ottima candidata a diventare il prossimo “cifrario perfetto”.

Riguardo la crittoanalisi, la prima opera è stata scritta da Abu Yusuf Yaqub ibn Ishaq al-Sabbah Al-Kindi, il “Manoscritto sulla decifrazione dei messaggi crittati”. Al suo interno vi è la descrizione di un metodo di analisi delle frequenze, uno dei modi più conosciuti per violare un cifrario. Oggi, questo lavoro è spesso svolto da macchine (come nel caso della macchina Enigma) dato che i computer possiedono una velocità e capacità di calcolo superiore, anche se non sempre sufficiente.

una macchina Enigma

Se siete curiosi di vedere come sia possibile decifrare un messaggio in codice senza avere la “chiave”, provate a risalire al messaggio nascosto di questo breve crittogramma (un indizio: la data di pubblicazione di questo articolo potrebbe tornarvi utile!):

pbzcyvzragv nfcvenagr pevggbnanyvfgn!