Sport e Donna

Scritto da: Elena Paolucci

lunedì, 25 Novembre 2019


Sport = insieme delle attività, individuali o collettive, che impegnano e sviluppano determinate capacità psicomotorie, svolte anche a fini ricreativi o salutari.

Nella definizione di sport non è segnato chi sia adatto o meno a praticarlo, quindi perché le persone l’hanno privatizzato?

Oggi siamo abituati ad assistere alle performance delle donne negli sport; le vediamo alle olimpiadi, ai mondiali, in TV e su internet, eppure sono sempre vittime di pregiudizi negativi e troppa poca visibilità.

Le donne vengono ammesse alle olimpiadi per la prima volta nel 1928, dopo che qualche anno prima, il barone francese Pierre de Coubertin, volendo ostacolare l’avvicinamento delle donne agli sport, aveva affidato loro il compito di incoronare i vincitori.  A questo atto si indignò la francese Alice Milliat, fondatrice della federazione sportiva femminile internazionale nel 1921, la quale con molta fatica riuscì a far ottenere riconoscimento allo sport femminile a livello agonistico.

Le donne riuscirono a partecipare ai Giochi Olimpici del 1928 anche perché nel 1922 e 1926 furono organizzati dei Giochi solo femminili che ebbero molta visione. Un giornalista le definì in maniera dispregiativa le “atletesse”.

Addirittura fu vietato loro di intraprendere gli 800 metri perché i giornalisti e i commentatori avevano dichiarato, dopo aver visto il loro affaticamento, che rischiavano di invecchiare prematuramente, smontando l’ideale di donna. Affermando anche che per le donne fare sport comprometteva la fertilità.

Si trova una svolta nel regime fascista che, invece, confutava questa teoria, affermando che “donne in salute avrebbero dato più figli e più sani”.

Questo generò una nemesi nella storia, la donna non è più “donna fedele e madre esemplare”, ma inizia ad uscire dagli schemi.

Hanno sempre dovuto lottare contro i pregiudizi fisiologici, morali, religiosi e culturali per poter arrivare dove sono ora, eppure… nonostante siamo nel XXI secolo c’è ancora tanto da fare.

Innanzi tutto si sente ancora la divisone fra sport “maschili” e “femminili”, è una forma di discriminazione, inoltre la loro visibilità è meno del 10% per i “loro sport” e solo del 2% per quelli in cui gareggiano anche gli uomini.

Senza contare tutte le notizie per le quali si scrive di queste atlete. Si sparla del loro aspetto (foto con angolazioni inappropriate) e della loro vita privata, creando in alcune complessi e malattie come problemi alimentari o depressione.

Riusciremo a vincere i pregiudizi e a non sorprenderci più nel vedere una donna gareggiare e vincere??